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Mascherine ordinate a ditte chiuse, ospedali senza medici e colpe a Conte: Fontana, o dell’apogeo del fallimento leghista

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di Daniele Santi #Lombardia twitter@milanonewsgaia #Maiconsalvini

 

Il Governatore Attilio Fontana si è lanciato lancia in resta alla carica di Conte in una sorta di redde rationem che dovrebbe indicare nel governo centrale del primo ministro Conte, nel calcolo del governatore leghista e del suo segretario in crisi teocratica – non misticateocratica – il responsabile assoluto di tutti i grossolani errori della giunta leghista che regge la Lombardia e che, finché tutto andava bene “tutto andava bene”, sta rivelando tutte le sue incapacità.

Andiamo con ordine.

Le famose mascherine che da ieri (5 aprile, ndr) sono obbligatorie in tutta la Lombardia, su ordinanza dell’indimenticabile Governatore, arrivano nella regione con enorme ritardo, sicuramente per incapacità di comunicazione tra leghisti – un must  – e governo, ma soprattutto perché il primo ordine venne fatto, per le famose questioni dei ribassi dei prezzi, ad una ditta che aveva cessato l’attività, ma era ancora nell’elenco dei fornitori della formidabile giunta del Pirellone oggi Fontana e già Formigoni.
Della cessata attività della ditta di cui sopra nessuno sapeva nulla in Regione, nemmeno il favoloso assessore Gallera che parla come se fosse un semidio. ma anche alla deità c’è un limite, soprattutto se sei squisitamente umano e nemmeno dei più perfetti.

Poi scoppiò il casus belli del Governo che non rifornì di mascherine la regione Lombardia, o meglio delle mascherine ordinate dalla regione Lombardia, arrivate come da ordine evaso, requisite [sic] dal governo per darle alla Protezione Civile che le ha distribuite a suo piacimento. Una appena avvertibile insinuazione leghista dice e non dice che furono distribuite “a chi cazzo volevano loro”.

Come sarebbero andate realmente le cose lo dice il consigliere regionale M5S della Lombardia Massimo De Rosa: “Altro che briciole da Roma. Lo Stato paga, la Regione decide acquisti e distribuzione. I dati richiamano Fontana e Gallera alle loro responsabilità”.

Insomma il Pirellone si sarebbe mosso con grave ritardo, nonostante da Roma fosse partita tutta la macchina dell’allarme, anche dalla protezione civile – quella che si sarebbe presa [sic] le mascherine, ordinate dalla giunta Fontana ad una ditta che non esisteva più – e il 4 febbraio 2020 dalla Federazione dei Medici di Medicina Generale. Avvertimenti indirizzati all’attenzione del Governatore Fontana della roboante dichiarazione all’ADN Kronos del 27 febbraio.

Spiega ancora il consigliere del M5S in Regione Lombardia De Rosa, citato da  Lanotiziagiornale.it: “È calcolato che il fabbisogno regionale si attesti attorno ai 9 milioni di mascherine al mese. La Protezione Civile è arrivata in soccorso dell’inefficienza lombarda inviando circa 7,3 milioni di mascherine (quasi 5 milioni chirurgiche e 2,3 milioni Ffp2): l’80%”.  Nonostante ciò “La distribuzione dei DPI resta difficoltosa e le mascherine non arrivano dove dovrebbero arrivare”. De Rosa cita come esempio le residenze per anziani, ambienti ad altissimo rischio, dove il numero degli ospiti deceduti cresce quotidianamente a dismisura e gli appelli dei medici restano inesauditi.

Ma al Pirellone vanno alla guerra con Giuseppe Conte mentre Salvini invece di fare il politico che dice di essere (ai gonzi che gli credono), parla di madonne, messe, chiese aperte per le festività pasquali per affidarsi ai numi, invece di mettere in campo azioni concrete che salvino più gente possibile.

Poi c’è la splendida cattedrale nel deserto, dicasi ospedale in Fiera, da 21 milioni di euro in donazioni, da 600 posti, poi 500, poi 350 e quindi 24 posti reali – senza personale sanitario per farla funzionare, almeno fino a ieri – che suggella l’ennesimo capolavoro leghista nella Sanità lombarda fatta di privatizzazioni, inefficienze e di colpe al governo centrale – quando le competenze sulla Sanità sono regionali.

Se a Fontana non è chiaro si informi dal suo collega dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini che invece di andare in televisione a farsi bello, sta in Regione a lavorare, fa poche chiacchiere e i posti letto aumentano. Anche in terapia intensiva.

E’ la differenza tra chi lavora, pur magari vedendo ciò che non va al governo centrale preferendo occupandosi delle urgenze (salvare vite, in questo caso), e chi fa il quaquaraquà dando la colpa al governo, attraverso onnipresenze televisive dicendo tutto e il contrario di tutto e parlando di sé come si parlerebbe di un semidio – inutile citare ancora Formigoni e la sua pessima fine carriera.

Poi, ça va sans dire, la colpa è di Giuseppe Conte.

 

(5 aprile 2020)

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