di Giovanna Di Rosa #IrenePivetti twitter@milanonewsgaia #Maiconlalega
Ricorderete Irene Pivetti oltre che per le sue indimenticabili performance come presidente della Camera (“On.Bossi! Le tolgo la parola!”, poi lui le tolse la poltrona), anche per la sua indimenticabile battuta “Colpita per il mio cognome” a seguito della sua attività di importatrice, per la vicenda delle mascherine sequestrate.
Certo l’indagine non fa comodo. E certo se fosse per il suo cognome tutti i Pivetti d’Italia – per non citare sorelle attrici – dovrebbero preoccuparsi.
Ma pare dover essere proprio l’ex presidente leghista della Camera a preoccuparsi perché è indagata (che non vuol dire sia colpevole) per riciclaggio assieme ad altre cinque persone, nell’inchiesta milanese che oggi ha portato la Guardia di Finanza a perquisire la sua abitazione a Milano e alcune sue società. L’indagine, scrive Repubblica, vede al centro operazioni di import-export con la Cina da parte di società riconducibili all’ex presidente della Camera dell’allora Lega Nord.
L’inchiesta è coordinata dal pm Giovanni Tarzia e non riguarda l’emergenza Covid.
Secondo quanto scrive Repubblica il fascicolo è aperto da tempo in Procura a Milano e le perquisizioni odierne hanno portato ad acquisizione di documenti.
Il 26 aprile scorso l’ex presidente della Camera aveva ricevuto le attenzioni della Procura di Savona relativamente a una importazione di mascherine. Anche in quel caso le indagini erano affidate alla Guardia di Finanza, come raccontava ancora il Corriere, la quale Guardia di Finanza aveva iniziato
a risalire la filiera di questa fornitura. E gli uomini delle Fiamme gialle arrivano fino ad un hangar commerciale del terminal 2 dell’aeroporto di Malpensa, dove sono custodite appunto migliaia di mascherine Fpp2 (…) Il carico viene sequestrato su disposizione della procura di Savona, che contesta l’assenza del marchio di certificazione (…)
Importate dalla ditta di cui Pivetti è amministratrice unica, una buona parte delle mascherine sequestrate a Malpensa. Le ragioni del sequestro risiedevano, secondo Pivetti, nel suo cognome. Dichiarava infatti al Corriere: “Abusivamente si pensa che una persona che venti anni fa ha fatto politica non possa fare l’imprenditrice: sono stata colpita per il mio cognome, mi fossi chiamata “Rossi” non sarebbe successo nulla…”; il seguito del nostro pezzo sulla vicenda qui.
Nei giorni scorsi, la Procura di Roma aveva inviato ai colleghi di Milano per competenza territoriale l’indagine avviata nelle scorse settimane sulla società Only Italia Customs&Logistics, amministrata dall’ex presidente della Camera ed ex esponente leghista la cui attività di imprenditrice con ramificate attività il Corriere descriveva così lo scorso 29 aprile.
La «Irene Pivetti Corporation» è un gruppo fatto di fondazioni, cooperative, onlus e società internazionali. Promette e «vende» consulenza e relazioni. Ma di affari veri se ne vedono pochi: nebbia, molta, e un insidioso fallimento in corso. Si chiama Only Italia la rete di business proiettata verso la Cina: «Rete nazionale di distribuzione e promozione sul grande mercato cinese». Però il sito Only-Italia.it, registrato da una società di Parma che fa capo a una onlus gestita dalla Pivetti, è inaccessibile. E pur essendoci continui richiami al nostro Paese, la sede delle due principali società, diciamo le holding, è fuori dai confini nazionali. Una, la Only Italia Club, sta a San Marino. L’altra, Only Italia Tech Trade, in Polonia. Eppure non c’è traccia tangibile di proiezioni internazionali del business. San Marino non è certo Pechino. La piccola repubblica, però, garantisce una certa efficienza burocratica, un sistema bancario «protetto», riservatezza, rapporti e trattati economici con la Cina. Dati economici consolidati non sono disponibili e il fatturato della Logistics che, come dice il nome, fa consulenza nella distribuzione di merci è come quello di un parrucchiere: 72mila euro. I ricavi sono i grandi assenti di questo arcipelago societario. Il «Gruppo Europeo di interesse economico per lo sviluppo dell’Eurasia e del Mediterraneo» non ha finora lasciato tracce nel «promuovere grandi opere infrastrutturali». Il «Centro clinico sino-italiano in Italia» che la «Fondazione per lo sviluppo Italia-Cina» presieduta dalla Pivetti aveva lanciato insieme a 8 cinesi per creare una rete di poliambulatori, non ha mai dato segni di vita. Qui altre informazioni.
Il procedimento per il reato di frode nelle pubbliche forniture, scrive oggi Repubblica, riguarda una partita di dispositivi di protezione individuale commissionata nell’ambito dell’emergenza coronavirus.
(9 giugno 2020)
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