di GdR.
C’era Bossi che ce l’aveva duro (o era la Lega? Son confusa…) ed era già che “entro la fine dell’anno avrete il Federalismo” e folle sulle rive del sacro fiume Po, con trionfi di ampolle e corna celtiche, colore verde come si trattasse di bile (e si trattava di bile), zanzare grosse come elefanti, travasi di acque sacre da ampolle ad am-polli e via coi voti.
Poi, siccome nemmeno quando sei in ottima forma puoi dire d’averlo sempre duro, al priapismo Bossi preferì i governi e le poltrone: mica poltroncine, ma roba seria. Ministeri, regioni, vicepresidenze, per sorvolare sulle banche e sulle radio; le panzane sul federalismo, che si trasformava lentamente in autonomia, rimanevano all’orizzonte, col celodurismo che scompariva per oggettivi limiti di età e anche, francamente, per il definitivo scomparire del poco appeal dei leader.
Dal comunismo tout court al comunismo padano con marijuana libera al seguito la storia leghista, continuava attraverso il proibizionismo più feroce e l’anticomunismo più selvaggio; si scoprivano nuovi insulti ai terroni e si individuava il négher come nuovo oggetto di dileggio, poi viaggi in Africa, storiacce di diamanti e la scoperta della Russia, nuova terra promessa verso lidi che Salvini non poteva nemmeno immaginare visto poi come gliele ha cantate quel Sindaco polacco che sta addirittura più a destra di lui e Meloni messi insieme.
Riassumiamo per farla breve. Politica poca, ma affari molti. Atomizzazione lenta, ma inesorabile della sanità pubblica con traghettamento a destra di quella privata – accadeva mentre gli Italiani erano svegli, ma addormentati, perché siamo un popolo che può tutto e il contrario di tutto e poi, mentre federalismo non se ne vedeva e celodurismo ancor meno – ché gli anni avanzano – ecco coniata la nuova dizione: autonomia differenziata. Ci casca persino il PD che dall’esperienza non impara nulla, al contrario delle scimmie e i coerenza con i bipedi antropomorfi e, pandemia gratias, ecco il nuovo progetto prendere forma, la vittoria del governo Meloni del finché dura (si cade sempre lì) che promette l’approvazione del disegno di Legge Calderoli (sempre lui) in Consiglio dei Ministri, che avviene all’unanimità ed ecco il nuovo celodurismo in auge che promette la definitiva approvazione entro la fine del 2023. Insomma, passate la metafora, tenerlo duro per dieci mesi con trent’anni in più sul groppone. Fate ridere.
Ed ecco spiegato in termini grotteschi perché si tratta di un’approvazione all’unanimità ad uso elettorale (e non chiedetevi dov’è finito il patriottismo di Giorgia Meloni). Con tanti saluti e scusate abbiamo scherzato.
(4 febbraio 2023)
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