di Paolo M. Minciotti
Non fa una grande differenza se la scritta anti-governativa, in ultima analisi sovversiva, dice “Spara a Giorgia” o “Spara a Schlein” perché l’idiozia umana, il pacifintismo – parola che non avremmo mai voluto usare – di idiozia è vestito: si vuole la pace in Palestina, giustamente, e la si invoca augurando di sparare alla presidente del Consiglio. La si definisce follia per civiltà, ma è molto di più. E si inneggia al fuoco ad altezza d’uomo con troppa facilità anche se è vero che da palazzo Chigi restringono le libertà personali, o almeno ci provano, con altrettanta facilità. Anche se sarebbe meglio parlare di faciloneria.
Sono alcune delle considerazioni a caldo nel post-corteo Pro Pal dove una nettissima minoranza di sciagurata insipienza che inneggia alla pace per fare la guerriglia – si chiamano agitatori e non mi importa da che parte vengano – ha trasformato una manifestazione pacifista nella solita gazzarra anti-tutto: diecimila persone, tensioni in piazzale Baiamonti e poche decine di manifestanti fermati. Bandiere palestinesi, cartelli, striscioni, i soliti “Gaza libera, Palestina libera” (e chi li discute?) e “Intifada, Intifada” (e chi la contesta?).
Slogan pacifisti per inneggiare alla guerra contro il potere centrale, con inni che pacifisti non sono. Al solito.
Poi i facinorosi: vestiti di nero e irriconoscibili, passamontagna in testa e la solita solfa che conosciamo, spaccano tutto. Spaccano vetrine, lanciano petardi e sbombolettano una frase di minaccia alla presidente del Consiglio: “Spara a Giorgia” sull’ingresso di Bpm. Già che c’erano danneggiano banche e negozi. La lista è lunga: Starbucks, Mediobanca e Unicredit in via Pola, Banco Desio in via Traù e il Carrefour in via Alserio. La discussione inutile su chi fossero i trenta incappucciati vestiti di nero è già aperta e già chiusa: per chi viene da una parte saranno agenti governativi travisati, per chi viene dall’altra anarco-insurrezionalisti come al solito.
Poi si torna alla calma e il corteo si ferma, ma quando riparte è la solita storia: al grido di “Fuori la Digos dal corteo” ricominciano i lanci di bottiglie e i tafferugli. La Polizia fa la Polizia e via di nuovo agli scontri. In nome della pace, of course. Il corteo si ferma di nuovo.
Persino quando pretende di inneggiare alla pace questa Italietta si distingue per essere l’Italietta che è. Da far pena con contorno di vetusto utile idiotismo. E si incazzeranno pure quando glielo ricorderete.
(12 aprile 2025)
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