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La Storia Infinita

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di Ch. Correnti

Se l’Europa non abbandona l’idea di dover seguire, anticipare, interpretare o cambiare la politica di Trump, presto non avremo più alcuna voce in capitolo sulle questioni vitali. E l’economia, che ci piaccia o no, è questione vitale. Di là dall’Atlantico prima avevamo una sponda. Adesso no. Continuare a voler costruire qualcosa con chi non si presta rischia di distrarci dalle uniche cose che potrebbero di fatto giovare.

Le nostre esportazioni verso gli USA caleranno e noi dobbiamo trovare altri mercati. La Cina non può più essere vista come un nemico, ma come un giusto alleato, come un mercato (tra i più plausibili e fertili) da qui in avanti. Se ci ostiniamo a chiuderla fuori o a limitare gli spazi condivisi, a imporle barriere sulle auto elettriche, su i pannelli solari, se evitiamo di collaborare con questa per le innovazioni tecnologiche, ci ritroveremo ad esser schiacciati tra gli USA e la Grande Muraglia.

Il gioco di Trump è, nei fatti, quello di svalutare il dollaro per dare nuova linfa all’economia statunitense, per dare a questa nuova forza e centralità, oltre a far arricchire amici e parenti con i suoi continui cambiamenti di rotta (a lui noti prima che a noi!). Trump ha certo l’aria dell’invasato e il tatto di un vecchio senza più freni inibitori, ma la sua è tutt’atro che una politica vana e senza progetto. Svalutare la moneta pone comunque gli States e la loro politica sempre più al centro dell’economia mondiale (anche se si potrebbe pensare diversamente) e lega agli USA le sorti di questa.

È l’ora di camminare da soli, di rischiare puntando su altre partnership senza credere che il bene stia tutto da una parte. L’Europa è grande e può essere indipendente e matura. Se la geopolitica e il mondo si sono rigirati, noi cosa aspettiamo a muoverci? Certo c’è chi obietterà che ridurre i mercati con la fragile democrazia statunitense a favore di quelli della conclamata autoritaria Cina non ci migliorerà, non aggiungerà lustro alle nostre democrazie, ma purtroppo per vivere dobbiamo esportare ed importare. Sono regole barbare alle quali ci siamo piegati secoli orsono. L’alternativa sarebbe cambiarle alla base.

In ogni caso è anche l’ora che si arrivi a fare dell’Europa qualcosa di grande come era nei progetti di Ventotene e Lisbona; serve una Europa in grado di prender decisioni e di muoversi in maniera unitaria e forte. Ma per arrivare a questo dovremmo incominciare di nuovo dalle basi. Non basta una moneta unica, un esercito futuribile, servono fondamenta, mattoni che purtroppo non abbiamo mai posto: una scuola che ci renda più omogenei, una lingua, una, alla quale far riferimento tutti, ben parlata da tutti senza per questo perdere la lingua del proprio paese. Nelle scuole servono ore e ore sui banchi a parlare questa lingua, a studiare in questa lingua per un’Europa poliglotta (come l’Olanda).

Servirebbero canali tv europei, servirebbe la capillare diffusione della cultura che ci accomuna, delle cose che ci uniscono come popolo europeo, che fanno di noi veramente qualcosa di unico ed unito. Ma intanto dobbiamo accontentarci di vedere una pellicola già ben nota: una singola premier (con una fin troppo alta considerazione di sé) che va a presentarsi (come fosse un’ambasciatrice di tutti), fors’a pietire, implorare o a colloquiare (nel migliore dei casi) con Trump. Facendo il suo gioco: divide et impera.

Allora fai buon viaggio Giorgia. Noi ti aspettiamo qui. Spero un poco più consapevoli.

 

 

(16 aprile 2025)

©gaiaitalia.com 2025 – diritti riservati, riproduzione vietata

 

 





 

 

 

 

 

 



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