di Massimo Mastruzzo*
L’Italia è la nazione più iniqua d’Europa: a pagare il prezzo più alto sono giovani, donne, periferie e soprattutto il Mezzogiorno. La Repubblica, che secondo l’articolo 3 della Costituzione dovrebbe rimuovere gli ostacoli economici e sociali, li ha invece moltiplicati.
Un Paese spaccato
L’iniquità italiana è strutturale: distribuzione della ricchezza squilibrata, Sud con livelli record di disoccupazione, povertà, abbandono scolastico. Mentre al Nord si investe in infrastrutture, nel Sud si tagliano linee ferroviarie, presidi sanitari, scuole. Le politiche fiscali, le autonomie differenziate e la scarsa perequazione accentuano le disuguaglianze.
Serve un Piano Nazionale per l’Eguaglianza Territoriale (PNET) vincolato all’art. 3, con fondi certi per scuola, sanità e trasporti, indicatori minimi di equità e sanzioni per Regioni inadempienti. La Costituzione deve tornare a essere guida e vincolo per ogni politica pubblica.
Disuguaglianza come violenza
Come affermava Johan Galtung, la disuguaglianza è una forma di violenza strutturale: ostacola la piena realizzazione dell’essere umano. In Italia si manifesta nella negazione quotidiana dei diritti: meno sanità, giustizia e lavoro per chi nasce al Sud o in una periferia povera.
È urgente creare un Osservatorio Nazionale sulle Disuguaglianze e le Fragilità Sociali, con interventi mirati nei territori a rischio esclusione. L’equità non è un lusso: è prevenzione del conflitto sociale.
Sistema fiscale iniquo
Il nostro fisco non è redistributivo: le imposte sui redditi da lavoro gravano sui meno abbienti, mentre grandi patrimoni e rendite sono sottotassati. La spesa pubblica privilegia i bonus una tantum anziché i servizi universali. È una redistribuzione alla rovescia, che viola l’art. 53 della Costituzione.
Serve una Riforma della Fiscalità Solidale, che combini art. 3 e art. 53, fondata su vera progressività, revisione delle agevolazioni per i più ricchi, e un Fondo nazionale di restituzione sociale per finanziare sanità, scuola e casa nei territori più svantaggiati.
Giovani senza diritti
In Italia essere giovani è un peso: disoccupazione, precarietà, NEET. Le politiche giovanili strutturate sono assenti. Il divario sociale ed economico diventa divario generazionale, con le regioni del Sud a rischio desertificazione umana.
Serve una Carta dei Diritti delle Nuove Generazioni con fondi vincolati per casa, lavoro e istruzione, e un Ministero per l’Eguaglianza Intergenerazionale. Senza giovani, l’Italia si spegne.
Istruzione, diritto negato
La scuola italiana, da motore di riscatto, è oggi specchio delle disuguaglianze. L’abbandono scolastico colpisce soprattutto le aree povere. Le scuole del Sud sono sottofinanziate, i docenti precari, le disuguaglianze digitali amplificate.
Occorre un Piano Nazionale per l’Istruzione Inclusiva, che garantisca diritto allo studio, tempo pieno, assunzioni stabili, strutture adeguate ovunque. Il “merito” ha senso solo se tutti partono dallo stesso punto.
Nord e Sud, due Italie
Il divario Nord-Sud non è solo economico, ma istituzionale: sanità, trasporti, università, asili. L’autonomia differenziata rischia di rendere permanente questo squilibrio, negando l’art. 5 e disattendendo il 2° comma dell’art. 3.
Serve una Legge Quadro sulla Coesione Costituzionale dei Territori, che definisca livelli essenziali di diritti (LEP) garantiti ovunque, finanziati in base al bisogno, con controlli indipendenti. Il divario territoriale è una ferita alla democrazia.
La questione femminile
Le donne in Italia hanno meno lavoro, meno reddito, meno potere. Il tasso di occupazione femminile nel Sud è tra i più bassi d’Europa. Maternità e carichi familiari restano sulle loro spalle, la violenza di genere è endemica, la rappresentanza politica limitata.
È necessaria una Legge per l’Uguaglianza Sostanziale di Genere: asili gratuiti, congedi paritari, trasparenza salariale, quote nei vertici pubblici e privati, fondi vincolati all’equità. L’art. 3 e l’art. 37 vanno pienamente attuati.
Disabilità e cittadinanza negata
Le persone con disabilità continuano a subire barriere fisiche, culturali e istituzionali. L’inclusione resta sulla carta, l’assistenza è precaria, i diritti disattesi.
Serve una Garanzia Nazionale per l’Inclusione Disabile, con fondi vincolati e un Piano per l’Accessibilità Totale, affinché nessuno venga lasciato indietro.
L’Equità Territoriale come fondamento della Repubblica
La sperequazione non è un destino: è una scelta politica. L’equità territoriale è la risposta concreta, costituzionale e necessaria a un’Italia divisa, ingiusta e disillusa. È la via per ricucire il patto sociale e ridare senso all’unità nazionale altrimenti a rischio.
Il Movimento Equità Territoriale (MET) è nato proprio con questo obiettivo: dare voce ai territori dimenticati, trasformare la denuncia in proposta e riportare la Costituzione al centro dell’azione politica. Senza equità territoriale, non c’è Repubblica.

*Direttivo nazionale MET
Movimento Equità Territoriale
(9 agosto 2025)
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