di Massimo Mastruzzo*, #Lombardia
Dopo lo scandalo dei fanghi tossici la regione Lombardia ha cercato, con la norma numero 15 del 6 agosto 202, che prevedeva per i gessi le stesse regole di «controllo» a cui sono sottoposti i rifiuti e i fanghi, di porre rimedio al mancato intervento del governo e di conseguenza alla porcata dell’Art.41 infilato nel Decreto Genova (voluto dalla Lega) che “per superare situazioni di criticità nella gestione dei fanghi di depurazione” per l’agricoltura, ha elevato ampiamente, per numerose sostanze tipicamente industriali e pericolose, i limiti portandoli da 50 mg/kg a 1000 (da cinquanta a mille).
Il governo però fa ricorso e dice no al tracciamento dei gessi da defecazione derivati dai fanghi e, al momento, equiparati in agricoltura a semplici.
La proposta di ricorso è stata sottoposta al ministro per gli Affari regionali Mariastella Gelmini (Forza Italia), che ha portato avanti l’istanza e giovedì 7 ottobre il Consiglio dei ministri ha deliberato di impugnare la norma lombarda.
Lo fa, impugnando la norma della regione Lombardia, in quanto formalmente la competenza in materia è statale, e dato che i gessi da defecazione sono attualmente classificati come fertilizzanti, cercare di tracciarli alla stregua dei rifiuti “va contro le disposizioni di legge nazionali”. Inoltre “la competenza in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema è un’esclusiva statale”.
Nel frattempo, dopo il caso Wte, l’azienda bresciana (con sede a Calcinato, Calvisano e Quinzano) finita nell’occhio del ciclone con l’accusa di aver inquinato con concimi tossici (i gessi, appunto) i terreni di mezza Italia (proprio perché i gessi non sono tracciati), si continua a coltivare su terreni potenzialmente inquinati e al momento appare impossibile per i comuni coinvolti ricostruire il perimetro dei campi rovinati.
*direttivo nazionale M24A-ET – Movimento Equità Territoriale
(9 ottobre 2021)
©gaiaitalia.com 2021 – diritti riservati, riproduzione vietata