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Il 32° Festival Mix regala due splendidi documentari. Ce ne parla Alessandro Paesano

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di Alessandro Paesano #MixFestival twitter@gaiaitaliacomlo #Cinema

 

 

 

La giornata di sabato ci ha regalato due splendidi documentari programmati al Mix di Milano.

In Love The Sinner (t.l. Ama il peccatore/la peccatrice) (Usa, 2017) di Jessica Devaney & Geeta Gandbhir dove Jessica racconta in prima persona il suo passato di attivista nella chiesa evangelica della Florida che ha abbandonato mentre faceva coming out come lesbica cambiando sponda di militanza, tacendo del suo passato cristiano fondamentalista. Il documentario è una sorta di coming out i questo suo passato e di presa di posizione politica contro il fondamentalismo evangelico dopo l’attentato al locale lgbt Pulse di Orlando del 2016, che Jessica vede direttamente collegato ai discorsi di odio di quelle Chiese.

Dopo l’attentato Jessica è tornata nella Chiesa dove militava chiedendo al leader di quella chiesa che la conosce da quando era bambina cosa succederebbe se lei chiedesse di tornare a frequentare la chiesa da lesbica. La risposta del leader (si odia il peccato e non la peccatrice ) non lascia spazio a speranze. Queste arrivano da un altro pastore di un’altra chiesa evangelica che, dopo i fatti di Orlando, ha messo in discussione la posizione anti gay (e lesbiche) della sua chiesa arrivando a fare dei sermoni illuminanti nei quali riflette su una domanda che le ha fatto Jessica nell’intervista: il problema non è se la Chiesa ama me, ma se ama le persone che io amo.

Una chiesa che va bene anche per la madre di Jessica, donna religiosa, allontanatasi dalla chiesa che frequentava per le loro parole di odio nei confronti di persone come sua figlia (e mentre lo dice ha le lacrime agli occhi).

Il documentario riconosce così le esigenze delle  persone omosessuali che non vogliono rinunciare alla fede per ragioni di evidente autotutela e che cercano una Chiesa fatta di accoglienza e non di odio. C’è il rischio di storcere il naso ma  come ricordava Angela Bowen non dobbiamo permettere alle nostre differenze di dividerci ma dobbiamo attraversarle per permetterci di unirci in una lotta comune. Quello che Jessica Devaney ci sembra abbia fatto magistralmente.

Magnifico. Icastico. Politicamente perfetto. Uno dei gioielli del Mix.

 

The Passionate Pursuits Of Angela Bowen (t.l. Le appassionate ricerche di Angela Bowen) (Usa, 2016) di Jennifer Abod è prima di tutto un atto d’amore. Sia quello della donna Abod che è stata compagna di Angela Bowen per oltre 10 anni  sia della militante Abod che ha avuto in Bowen un punto di riferimento.

Poco nota, forse, per la militanza italiana, Angela Bowen è un punto di riferimento per il lesbo femminismo nero (black) statunitense. Dopo una carriera come danzatrice e insegnante di danza, antesignana della lotta al sessismo e femminista prima di sapere di esserlo, Angela, che ha sposato un collega danzatore col quale ha fatto tre figli (uno morto a 3 anni in un incidente stradale) si dichiara lesbica, femminista e inizia a guidare il movimento di liberazione delle donne lesbiche e nere. E durante la sua militanza che incontra Jennifer con la quale imbastisce una vita insieme. Dopo una serie di conferenze nelle università del Paese inizia, non più giovane, una carriera come docente di women’s studies. Nei suoi corsi insegna ai suo corpo studentesco  a seguire i propri interessi e non abbandonare gli studi anche se non si crede di non essere adatti e adatte.

A raccontare ogni svolta della sua vita (ma dovremmo usare il plurale) è la stessa Angela, intervistata dalla sua compagna, che sin da subito spiega le remore che l’hanno colta quando le Abod le ha proposto il progetto (che ha preso 10 anni di lavoro per essere portato a termine) scrupoli politici chiari e concreti come ogni considerazione che Angela fa nell’arco dell’ora del documentario nel quale la sua statura politica ed etica si staglia in tutta la sua semplice incommensurabilità.

Oltre alle dichiarazioni, sempre lucide e al punto di Bowen, colpiscono le professioni di stima e di riconoscimento di tutte le persone che hanno avuto a che fare con lei, sia come insegnate di danza che come militante oltre che come docente universitaria.

Fa piacere e non meraviglia che i documentari migliori siano dedicati a e diretti da donne.

E non si tratta solamente di una coincidenza o del fatto che il Mix ha una partnership con Immaginaria.

Le donne, lesbiche o meno, hanno ben altro di cui parlare che non sia il sesso o i bei ragazzi come fanno in genere invece i film gay e certamente non solamente quelli del Mix…

Il film polacco “Nina”

 

E’ stata poi la volta di Nina (Polonia, 2018) di Olga Chajdas  un lungometraggio polacco che prendendosi un tempo sterminato (130 minuti) ci racconta di una coppia polacca, lui, Wojtek, garagista e lei, Nina, insegnante di francese in una scuola cattolica, che cercano una madre surrogata per diventare genitori. Le candidate “giuste” scarseggiano così  quando la coppia incontra Magda una giovane ragazza lesbica, che lavora come addetta di sicurezza all’aeroporto pensano di proporlo a lei, ma succede che  senza volerlo, Nina si innamora di lei.

Nello stesso orizzonte etico di When Night Is Falling (Canada, 1995) di Patricia Rozema, Nina ci racconta di una donna che si innamora di una persona del suo stesso sesso dove l’amore passa attraverso quella solidarietà femminile che si basa su una sororanza che trascende l’aspetto fisico facendone la controparte (intensissima e viva) di una attrazione affettiva e mentale  che non può competere con quella per un marito squisitamente maschio, privo di curiosità e limitato (ma non stupido né insensibile e nemmeno omofobo). Il film si dilunga su di lui per non farne un personaggio marginale o negativo mostrandoci i suoi problemi di relazione col padre (che accudisce in ospedale) la cui sensibilità però non gli  impedisce di stuprare Magda mentre le chiede quante volte lo ha fatto con sua moglie e se hanno riso di lui dicendo che ce lo ha piccolo: in quanto maschio etero Wojtek  ha evidenti difficoltà a capire che sua moglie si è innamorata di un’altra persona e non è improvvisamente “diventata lesbica”.

Una scena magnifica malgrado la violenza nella quale Wojtek, che si ferma  quasi subito, diventa preda di Magda  che decide di farci sesso per rimanere incinta. Un film che ben al di là del film “a tematica” parla di persone diverse per estrazione sociale e abitudini di vita (splendide le sequenze in cui Magda si rimorchia delle ragazze che puntualmente manda via quando la sua compagna, hostess, fa ritorno a casa) e orientamento sessuale ma che nonostante tutto si innamorano e decidono  di abbracciare questo sentimento perché non possono fare altrimenti.

Un film che non piacerà a chi vede un mondo diviso tra etero e omosessuali e che deve mettere un’etichetta, qualunque sia, a tutte le persone che regala 130 minuti impegnativi ma indispensabili. Uno dei film più riusciti visti finora al festival Mix.

 




 

(24 giugno 2018)

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