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HomeIl Venerdì PoliticoDemocrazia diretta. Diretta da chi? #ilvenerdìpolitico di Luca Venneri

Democrazia diretta. Diretta da chi? #ilvenerdìpolitico di Luca Venneri

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di Luca Venneri,  #ilvenerdìpolitico

C’era una volta un movimento. Questo movimento si è presentato con un primo grande messaggio: vaffanculo. Questa espressione era rivolta a una politica che non riusciva più a essere rappresentativa che si andava, mano a mano, a spegnersi nel paese. L’intuizione non era scorretta. Serviva una scossa, un urlo barbarico che ricordava lo “YAWP” di Withmaniana memoria. In quel momento molti italiani hanno creduto che fosse possibile cambiare la politica.


Dopo anni possiamo dire, con un certo grado di certezza, che sono successe due cose. La prima è che il cambiamento sperato e desiderato dai 5 stelle non è avvenuto. Il secondo è che il movimento ha cercato di fare quello che il centro-sinistra avrebbe dovuto fare.

Se osserviamo quello che è successo negli altri paesi democratici è evidente. I partiti di centro-sinistra hanno, magari con difficoltà, compiuto un cambiamento che, in Italia, non c’è stato. Il movimento ha “scippato” questo cambiamento e lo ha fatto suo. Molti ricordano la famosa frase di Fassino: “Se (Grillo, ndr) vuole fondare un partito lo faccia, vediamo quanti voti prende”. Oggi, quella frase, è la più chiara espressione che sotto il naso del centro-sinistra stava passando un treno. Quel treno non è stato colto, visto o voluto. Pace. Ce ne faremo una ragione.

Con la votazione di ieri (11 febbraio, ndr) sulla piattaforma Rousseau non siamo solo di fronte all’ulteriore certificazione del fallimento del movimento ma comprendiamo come l’esercizio della democrazia diretta, cavallo di battagli dei grillini, sia fallimentare. Siamo di fronte non solo a un fallimento ma alla deriva completa e strumentale di quel nobile e moderno concetto. La democrazia diretta crolla vinta dall’opportunismo ideologizzato dei grillini che, alla deriva, non sanno più distinguere se il termine diretta è da attribuirsi alla democrazia o alla voglia di etero dirigere una votazione fondamentale. Punge il tweet di Paola Taverna (Senatrice 5 stelle) quando afferma che “ieri ha vinto la democrazia”.

Niente di più falso. Ieri ha vinto la dittatura della maggioranza che, ormai, si specchia all’interno delle votazioni a firma 5 stelle da tempo mentre il valore della democrazia diretta sta nella capacità di integrare, ascoltare e farsi carico delle istanze di tutti. Qui sta il fallimento. Il limite.

Sono lontane, anzi lontanissime le ‘parole guerriere’ di Beppe Grillo del 2013. Dovrebbero pesare ancora come macigni morali sulle coscienze di coloro, nelle ore precedenti al voto sulla piattaforma, hanno fatto video per appoggiare il nascente Governo Draghi, Grillo compreso. Siamo di fronte al disgregarsi dell’integrità e moralità in cui il movimento 5 stelle ha fondato la propria azione politica
“Non mi resta che farmi da parte”, così, poche ore fa, Alessandro Di Battista decide di lasciare il movimento. L’ultimo guerriero lascia il movimento. “Non accetto un governo con questi partiti”.
Alla fine Alessandro di Battista ha tenuto acceso il lumicino della moralità grillina. Grazie per averci fatto assaporare che esiste qualcosa al di la della politica, al di la delle scelte quasi obbligate. È chiaro che, oggi, la politica è commissariata e la mancanza di competenze, capacità, visione e sogno ne sono i motivi. Forse quelle ‘parole guerriere’ erano davvero una via su cui bisognava costruire nuove forme di democrazia diretta e non direzionata.

Permettetemi lo slancio nostalgico e romantico di riportare quelle ‘parole guerriere’ mai davvero attuate.

“Cercavamo una porta per uscire. Eravamo prigionieri del buio. Pensavamo di non farcela. Ci avevano detto che le finestre e le porte erano murate. Che non esisteva un’uscita. Poi abbiamo sentito un flusso di parole e di pensieri che veniva da chissà dove. Da fuori. Da dentro. Dalla Rete, dalle piazze. Erano parole di pace, ma allo stesso tempo parole guerriere. Le abbiamo usate come torce nel buio, come chiavi da girare nella serratura per andare altrove, in posti sconosciuti, verso noi stessi. E ora siamo fuori, siamo usciti nella luce e non ci siamo ancora del tutto abituati. Stringiamo gli occhi e, anche se sappiamo che stiamo percorrendo l’unica via possibile, abbiamo qualche timore, ed è normale. Quello che sta succedendo ora in Italia non è mai successo prima nella storia delle democrazie moderne. Una rivoluzione democratica, non violenta, che sradica i poteri, che rovescia le piramidi. Il cittadino che si fa Stato ed entra in Parlamento in soli tre anni. Abbiamo capito che eravamo noi quella porta chiusa, che le parole guerriere erano da tempo dentro di noi, ma non volevano venire fuori, pensavamo di essere soli e invece eravamo moltitudine. E adesso siamo sorpresi che così tante persone a noi del tutto sconosciute avessero i nostri stessi pensieri, le nostre speranze, le nostre angosce. Ci siamo finalmente riconosciuti uno nell’altro e abbiamo condiviso parole guerriere. Parole che erano state abbandonate da tempo, di cui si era perso il significato, sono diventate delle armi potenti che abbiamo usato per cambiare tutto, per ribaltare una realtà artificiale dove la finanza era economia, la menzogna era verità, la guerra era pace, la dittatura era democrazia. Parole guerriere dal suono nuovo e allo stesso tempo antichissimo, come comunità, onestà, partecipazione, solidarietà, sostenibilità si sono propagate come un’onda di tuono e sono arrivate ovunque annientando la vecchia politica. Siamo diventati consapevoli della realtà. Sappiamo che possiamo contare solo sulle nostre forze, che il Paese è in macerie e che quello che ci aspetta sarà un periodo molto difficile, ci saranno tensioni, problemi, conflitti, ma la via è tracciata. L’abbiamo trovata questa via e ci porta verso il futuro, un futuro forse più povero, ma vero, concreto, solidale e felice. C’è una nuova Italia che ci aspetta. Sarà bellissimo farne parte”.
(Beppe Grillo, 2013)

 

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