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La mafia esiste anche a Como o di quando tre proiettili di 357 magnum vennero inviati a Luca Venneri

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di Redazione Como

La MAFIA ESISTE anche a Como.
Avevo nove anni. In tv andava in onda il TG5 e la grafica faceva vedere una macchina accartocciata con sopra dei mucchietti di terra. La chiamavano strage di Capaci. Forse fu la prima volta in cui sentii il nome mafia, il nome strage, Giovanni Falcone. Sono passati esattamente 30 anni da quel momento, da quel ricordo.

Credo che non capisci la mafia se non la provi sulla tua pelle. Di come ti fa sentire il vuoto sotto i piedi e come sporca ogni giornata dietro al dubbio, alla paura, al timore per i tuoi cari. Esattamente 8 anni fa provai quella sensazione. La sensazione di sprofondare nel baratro quando il comandante dei carabinieri ti spiega il termine sorveglianza particolare – una forma di scorta per breve periodo – e tu, lì, attonito, con in mano una busta con dentro 3 proiettili di 357 magnum non credi a quello che sta succedendo. Pensi e ripensi ancora a chi può essere stato, chi si è scomodato a farti pervenire a casa quella busta.

Poi metti insieme i pezzi. In modo meticoloso e ossessivo ripercorri tutti i tanti detti nella campagna elettorale e capisci che la tua colpa è quella di aver ricordato la legge: il reato di scambio politico-mafioso e per averlo fatto in un territorio che con la mafia ha sempre fatto grandi affari. La mafia fa così: ti fa sentire colpevole quando ne sei solo vittima.

Oggi ricordiamo una strage, quella di Capaci, che ha segnato la storia moderna e che, insieme a Tangentopoli, ha generato lo spartiacque tra prima e seconda repubblica.
Oggi non dovremmo nemmeno ignorare che tutte le grandi inchieste per mafia fatte sul territorio comasco, come l’inchiesta arcobaleno, che hanno dato un solo e unico risultato: la mafia a Como esiste, la mafia si interessa di politica, la mafia gira i propri voti e supporta la politica. A volte ripenso a quel senso di vuoto e incredulità in cui mi sono sentito otto anni fa e lo conservo con me. Indelebile. Li conservo perché quello schifo colpevole in cui la mafia ti vuol far sentire è qualcosa da combattere con tutte le forze che ognuno di noi ha.
In quello schifo c’è tutta l’arroganza di chi vuole che tu non conti nulla se non sei con loro.
In tutto quello schifo c’è l’antistato che vuole prevalere su tutto e con tutto quello che riesce a contaminare. Io credo nello stato, credo in leggi incredibili come la legge sulla trasparenza e anticorruzione perché fa luce sulle tante possibili ombre che le pieghe della nostra amministrazione ha.

Credo, anche, nella politica e nella sua responsabilità assoluta a scegliere persone non asservite alla mafia. La responsabilità della politica non è solo d’ordine giuridico ma, è bene ricordarlo, soprattutto responsabilità morale ed etica.

Permettetemi questo sfogo, in questo giorno, perché se non capiamo dove siamo, cosa stiamo facendo e come dovremmo farlo rendiamo la memoria di questo giorno solo un esercizio di retorica, che lascia il tempo che trova, magari condito da promesse all’acqua di rose – come successo per taluni candidati – e sminuiamo il punto: la mafia a Como esiste, la mafia si interessa di politica, la mafia gira i propri voti e supporta la politica.

Così, con un post su FacebookLuca Venneri racconta la sua storia.

 

(23 maggio 2022)

©gaiaitalia.com 2022 – diritti riservati, riproduzione vietata

 





 

 

 

 

 

 

 



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