di Giovanna Di Rosa
C’è persino il rischio che Giorgia Meloni nel suo accorato (per i suoi) e inascoltabile (per gli altri) intervento sull’orribile omicidio Ramelli si riferisse anche a questi, quelli della foto. C’è davvero questo rischio, ma Meloni che sta traghettando lentamente, forse con eccessiva prudenza la sua destra intollerante e superbamente allergica ad ogni richiesta di dichiarare l’antifascismo, verso un Conservatorismo autarchico (pericolosissimo) ma apparentemente democratico finché dura, continua con le sue ambiguità.
Tuttavia se mentre si parla di sobrietà per il 25 aprile contemporaneamente ci sono esponenti del partito del melonismo che parlano apertamente dell’abolizione della festa del 25 aprile, e lei tace; se contemporaneamente agli inviti alla sobrietà e alle richieste di identificazione di pacifica fornaia (pluripremiata) ad Ascoli Piceno si levano braccia alzate nel saluto romano in onore a quel ventennio e c’è tutto un mondo intorno che tace ogni giorno, alla sincerità democratica di Meloni e del suo nostalgico entourage si fatica a credere.
E non rimane che cantare e suonare Bella Ciao al volume più alto possibile così da fare capire, definitivamente, che nonostante quelli là c’è tutto un mondo intorno che ci crede ogni giorno a una società inclusiva, dove ci sia posto per tutti, dove non ci sia una destra bugiarda e intollerante che crea steccati e racconta un mondo che non c’è e che persino Meloni, come già fece Gianfranco Fini, sia capace di dare la spallata definitiva alle nostalgie filofasciste da ventennio che puzza di marcio e di falso da cent’anni e contribuisca a trasformare un’Italia che, come recita la parte dell’Inno di Mameli che non cantiamo mai, è quella che è “perché non siam popolo perché siam divisi”. perchè c’è chi di unire non vuole saperne, essendogli (essendole) assai più conveniente mantenere le divisioni come stanno, e se si può esacerbarle.
(30 aprile 2025)
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