di Luca Venneri #Ilvenerdìpolitico
Tutti noi abbiamo un punto cieco. Questo punto cieco, ironia della sorte, non lo vediamo perché il nostro cervello completa l’informazione e la processa per restituire una cosa essenziale che, per noi, prende il nome di percezione. La percezione, senza scomodare troppo Hegel, è il residuo della realtà. La percezione si misura solo in quello che riusciamo ad apprezzare con i nostri sensi. La realtà è un oggetto nell’ombra che noi, nel nostro angolo del mondo, nella nostra prospettiva e con i nostri sensi tentiamo di conoscere. Il punto cieco, in tal senso, è la più grande dimostrazione evidente che, quello che non riusciamo a cogliere, viene trasformato nel nostro cervello in ‘continuità coerente’.
Provate ora a fare il test dell’immagine. Chiudete l’occhio sinistro e fissate la croce nera. Avvicinatevi piano piano allo schermo e, a un certo punto, la X rossa scompare. Il vostro cervello elabora il punto cieco. Voi vedrete solo una linea nera continua. Anche voi avete un punto cieco, tutti hanno un punto cieco.
Perché parlare di questo in un venerdì politico?
Perché tutti noi abbiamo altri punti ciechi. Dei punti dove la nostra prospettiva miope non ci permette di ammettere che siamo razzisti. Nella nostra visione del mondo ragioniamo sempre con la pretesa di definire la verità sulla scorta di quello che noi vediamo. Non ci accorgiamo dei nostri bias cognitivi. Non ci accorgiamo di tutti quei giudizi (o pregiudizi) che sviluppiamo solo sulla base dell’interpretazione delle informazioni in nostro possesso, esse tuttavia non corrispondono necessariamente alla realtà.
È sempre tutta una questione di prospettiva. Il primo passo per sconfiggere il razzismo è cominciare a sconfiggerlo dentro di noi. Dobbiamo fare l’esercizio di scendere dal piedistallo ed ammettere, in modo umile, che siamo sistematicamente preda di innumerevoli razzismi. I razzismi che ci portiamo dietro sono i nostri punti ciechi, le nostre X rosse, i nostri bias cognitivi. Se accettiamo questo assunto possiamo dire di aver fatto emergere alla nostra coscienza qualcosa che è un punto essenziale per essere un po’ meno razzisti, un po’ meno schiavi delle nostre presunzioni. Questo, tuttavia, non basta.
Questo è solo l’inizio di un lavoro. Il lavoro che dobbiamo fare con noi stessi prima di tutto che con gli altri. È una vera e propria educazione sentimentale. Un’educazione sentimentale all’ascolto, al riuscire a declinare noi stessi nelle mille prospettive dell’altro, anch’esse, con mille punti ciechi. Il tema di fondo è proprio questo. Se riusciamo ad intercalare noi stessi nelle dimensioni dell’altro allora possiamo esorcizzare i nostri punti ciechi ed aiutarci a superare l’ostacolo del pregiudizio, della discriminazione e del razzismo.
Credo che questo sia il vero senso di comunità e di progresso sociale: unirci per avere decine di milioni di punti di vista. Tante prospettive personali che, nel difetto congenito della limitatezza cognitiva, permettono prima di tutto di eliminare ogni bias cognitivo e, in seconda battuta, ci permette davvero di respirare un senso di comunità nuovo, più ampio. Una comunità inclusiva e solidale che esce dal miopismo ideologizzato di chi ci vuole ciechi e sordi di fronte all’altro.
Questo è punto cieco del razzismo, è di fronte a tutti noi. E tu, non lo vedi?
(30 aprile 2021)
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