di Giancarlo Grassi
L’autocritica non sta a casa Salvini, è evidente, e il segretario della Lega che dal 2018 ha perso tutte le elezioni, proposto candidati impresentabili, regalato dichiarazioni la mattina che cambiavano quattro volte nella stessa giornata; quel Salvini il cu unico obbiettivo era ritornare al ministero dell’Interno ha deciso che la catastrofe elettorale della Lega è colpa di Draghi e dei suoi compagni di partito leghisti che hanno costretto Salvini a stare in quel governo anziché all’opposizione.
Salvini sragiona, è evidente. E Zaia non si fa scappare l’occasione: “Risultato assolutamente deludente”, tuona il governatore del Veneto (dove Meloni ha il doppio dei voti di Salvini) ottenendo in risposta uno sconcertante: “Dimissioni? Mai avuto così tanta voglia di lavorare” che dà l’idea della sfrontatezza politica dell’uomo che pronuncia la parola lavoro senza sapere cos’è.
Ma Zaia è pragmatico e si spiega meglio: “Non ci possiamo omologare a questo trovando semplici giustificazioni (…) è un momento delicato per la Lega. Ed è bene affrontarlo con serietà (…) capire fino in fondo quali aspetti hanno portato l’elettore a scegliere diversamente”. Suggerirgli un nome e un cognome non serve. Perché la paternità di una catastrofe elettorale che non è certo la prima, basti ricordare il salviniano “A Milano non vinceremo, stravinceremo“, ha un responsabile preciso. Ed è l’ex segretario della Lega Lombarda (fino allo scorso febbraio), già deputato dal 2006 e che nel 2022 non è stato ricandidato. Picchia duro, il Paolo Grimoldi: Abbiamo perso, purtroppo persino i 5stelle ci hanno superato e siamo appaiati a Calenda e alla “morente” Forza Italia nonostante una affluenza molto bassa al sud” e quindi, perché a parlar chiaro non si ammazza nessuno, aggiunge: “Dignità impone dimissioni immediate”, ma Salvini non ha mai avuto “tanta voglia di lavorare” nonostante sia stato doppiato anche nei risultati di Camera e Senato. Saranno grasse risate…
(26 settembre 2022)
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