di Marinella Zetti
L’HIV non è più di moda. Non fa più notizia. Ne sono convinti molti miei colleghi giornalisti, infatti non ne parlano TV e giornali, o meglio, lo fanno solo il Primo Dicembre -Giornata Mondiale di Lotta all’Aids- con una inutile e dannosa sovraesposizione mediatica. Sui social se ne occupano solo le associazioni che diffondono post di campagne messe a punto con il supporto di qualche casa farmaceutica.
Eppure ci sarebbe tanto da scrivere. Ad esempio, si potrebbe parlare di U=U o di PrEP e spiegare cosa significano ai medici di base e a quelli degli ospedali. Lo so che è difficile da credere, ma la maggior parte di loro non ne sa nulla.
U=U è una rivoluzione che ha cambiato la vita alle persone con HIV: Undetectable = Untrasmittable o in italiano Non rilevabile = Non trasmissibile, quando una persona con HIV è in terapia con farmaci efficaci, che mantengono persistentemente la “carica virale” (cioè la quantità di virus presente nel sangue/secrezioni) a livelli non misurabili da almeno 6 mesi. In sintesi, significa che non può trasmettere il virus.
La PrEP-Profilassi Pre-Esposizione consiste nel prendere farmaci anti-HIV per evitare di contrarre il virus. Numerosi studi effettuati in tutto il mondo hanno dimostrato l’efficacia della PrEP per prevenire la diffusione del virus e azzerare i contagi. La PrEP protegge dall’HIV ma non dalle altre IST-Infezioni Sessualmente Trasmissibili. Il preservativo è ancora il modo migliore per prevenirle.
Forse vedremo comparire le parole HIV e IST dal 19 al 21 giugno perché a Roma, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, Centro Congressi Europa, si terrà la 16° edizione di ICAR – Italian Conference on AIDS and Antiviral Research e verranno diffusi molti comunicati.
In Italia oggi vi sono oltre 140mila persone che vivono con HIV, di cui circa 10mila inconsapevoli del proprio stato di infezione. Recentemente il Sistema Nazionale di Sorveglianza dell’ISS ha contato poco meno di duemila nuove infezioni ogni anno: nel 2022 ha riportato 1.888 nuove diagnosi, di cui il 58% di queste diagnosi in fase avanzata di malattia.
I dati più recenti confermano la necessità di diffondere maggiormente il test per poter intervenire quando si è ancora in tempo per limitare le conseguenze dell’infezione. La terapia antiretrovirale, infatti, permette alle persone con HIV di cronicizzare l’infezione e di avere una qualità di vita simile alla popolazione generale. Analizzando i dati regionali, emerge il primato negativo del Lazio. In virtù delle sue caratteristiche, il Lazio è da sempre una delle regioni con il maggior numero di contagi, ma a differenza di altre aree, come la Lombardia, non è riuscito a invertire il trend. Le cause possono essere diverse. Uno degli elementi ancora carenti è la diffusione sul territorio di punti informativi, test rapidi, strumenti di prevenzione anche al di fuori degli ospedali di riferimento. In alcune città la diffusione di check point, spesso gestiti dalle associazioni, ha sicuramente favorito la consapevolezza e incentivato un approccio più completo alla prevenzione della trasmissione di HIV e delle altre infezioni sessualmente trasmissibili.
Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, nella Regione Lazio nel 2022 sono state notificate 293 nuove diagnosi di HIV, in oltre il 60% dei casi in fase avanzata. L’incidenza si rivela ancora più elevata nella città di Roma. Un dato preoccupante, soprattutto per i casi in fase avanzata, eppure sarebbe bastato fare il test regolarmente. Ma, come ho scritto all’inizio, l’HIV non è più di moda. E anche la prevenzione non fa notizia.
ICAR è un’occasione per approfondimenti scientifici, attività di formazione, ma soprattutto un punto di partenza per lanciare nuove proposte di servizi sul territorio eper raggiungere gli obiettivi dell’OMS (95-95-95) entro il 2030. Che significa diagnosticare l’infezione almeno al 95% delle persone che vivono con HIV, fare accedere alla terapia almeno il 95% dei diagnosticati e raggiungere lo status di “undetectable” per almeno il 95% di quelli in terapia. Non è impossibile, basta impegnarsi. Al momento la quasi totalità del lavoro viene svolto dalle associazioni che diffondono informazioni e sono sul campo per somministrare test, ma non è sufficiente.
I numeri dicono che dove ci sono i check point che erogano informazioni su IST e PrEP, test rapidi ed avviano verso i centri infettivologici specializzati laddove necessario, come a Milano, i risultati sono tangibili.
Il calo di nuove diagnosi in una metropoli come Milano, caratterizzata da una società variegata e da realtà socioeconomiche assai diversificate, riveste un profondo significato. In questi anni, si sono diffusi servizi che permettono di veicolare messaggi per la prevenzione e la cura dell’HIV. Al check point milanese collaborano le varie associazioni della Community con attività come test rapidi e poi con l’attivazione del centro PrEP al di fuori del contesto sanitario, indubbiamente sono stati elementi molto importanti per favorire le diagnosi precoci. Però una città fast track non si contraddistingue solo per i check point, ma anche per le iniziative sul territorio, come i test e le informazioni portate ai diretti interessati senza mediazioni nelle zone della movida. Una molteplicità di azioni che permettono di diversificare gli sforzi per pervenire al risultato auspicato: diagnosi precoci, avvio della terapia e riduzione dei contagi.
Per informazioni e per prenotare il test www.asamilano.org – www.milanocheckpoint.it
Insomma, c’è sempre tanto lavoro da fare, le associazioni lo sanno e sono sempre in prima linea. Forse se le istituzioni si impegnassero di più, riusciremmo ad ottenere risultati migliori. Infine, speriamo che anche gli amici giornalisti decidano di darci una mano.
(19 giugno 2024)
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